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La pandemia ci ha messo davanti a dei momenti difficili, ma siamo una classe molto unita. La DAD offre un ambiente diverso, con molte più distrazioni, però siamo stati bravi: siamo riusciti a trovare nuove soluzioni per studiare grazie all’uso di internet e delle nuove applicazioni”.

A dirlo è Margherita Laterza, studentessa al quarto anno di corso al Liceo linguistico e Istituto Tecnico Economico Marco Polo di Bari.  Anche qui, dove da anni si investe nella digitalizzazione, la DAD è stata complessa da affrontare per ragazze e ragazzi (come confermano anche alcuni recenti dati dell’Istat). Tuttavia è stata anche l’occasione per accelerare il processo di digitalizzazione della didattica e promuovere l’ulteriore diffusione delle nuove tecnologie. Come?

Dopo aver indagato quanto fatto al Liceo Savoia Benincasa di Ancona e all’Istituto Tosi di Busto Arsizio durante e dopo la pandemia, questo articolo della serie #OltrelaDad prosegue l’approfondimento dedicato alle scuole fondatrici del Movimento delle Avanguardie Educative raccontando, appunto, l’esperienza del Marco Polo di Bari. 

Sperimentazioni realizzate: dalla MLTV alla didattica per scenari

Nell’ambito di Avanguardie Educative, le “Idee” sono le esperienze e le pratiche innovative di digitalizzazione che le scuole sperimentano al loro interno. Fra le “Idee” attuate al Marco Polo c’è l’MLTV (acronimo di Making Learning and Thinking Visible) che mira a valorizzare sia le conoscenze, le abilità e le competenze disciplinari, sia lo sviluppo del pensiero nelle diverse declinazioni: critico, creativo, logico-matematico, riflessivo, decisionale, sistemico. 

L’MLTV si basa su tre elementi cardine. Il primo è l’osservazione –  attraverso la registrazione e la condivisione (tramite differenti media) – del processo e del prodotto dell’apprendimento da parte della classe: si osserva come si apprende. Il secondo elemento è il group learning, ovvero l’insieme delle persone ingaggiate nella soluzione di problemi, nella creazione di prodotti e nell’attribuzione di senso. Qui si impara ad apprendere in gruppo e ad attribuire insieme significati. Il terzo è costituito da tutte quelle indicazioni (protocolli, Thinking Routine, ecc.) che rendono visibile il pensiero e che supportano lo sviluppo della capacità di ragionare in modo creativo, profondo e divergente. Ovvero si mostra a se stessi e agli altri il pensiero e si acquisisce consapevolezza rispetto a quanto appreso. 

Al Marco Polo la sperimentazione della MLTV è in corso da due anni. La Dirigente Scolastica Rosa Scarcia ci racconta che solitamente “si parte da una domanda stimolo, da una situazione concreta o da una video documentazione attorno alla quale si discute. Successivamente, la documentazione “aiuta a interiorizzare e a vedere meglio il processo di apprendimento”. Questo processo può essere realizzato attraverso strumenti analogici (ad esempio cartelloni o tabelle) o digitali (ad esempio bacheche virtuali) e consente ai ragazzi di ripercorrere le fasi del processo svolto e appunto di interiorizzare quanto realizzato. 

Dirigente Rosa Scarcia – L’MLTV: come funziona?

 

Una seconda sperimentazione riguarda invece la didattica per scenari, che si basa su tre concetti: Learning Scenarios, Learning Activities e Learning Story. I Learning Scenarios sono le narrazioni di segmenti di curricolo in cui si realizza l’insegnamento e l’apprendimento; le specifiche attività didattiche che si porteranno a termine sono le Learning Activities, che possono essere pensate come i “mattoncini” necessari a realizzare lo scenario. Una volta costruiti scenari e attività didattiche, il docente realizza la Learning Story, cioè un documento di progettazione didattica in forma narrativa che consolida l’apprendimento.

Nello specifico, al Marco Polo questo tipo di didattica è stata realizzata con riferimento ai percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento (i cosiddetti PCTO). Come raccontato dalla professoressa Francesca Tritto, che al Marco Polo insegna Italiano e Storia, nel corso di questi percorsi i ragazzi dovevano realizzare dei prototipi “e quindi dovevano lavorare su compiti autentici”. Per raggiungere questo obiettivo erano stati previsti dei lavori di gruppo e questa attività “ci ha consentito individuare competenze specifiche degli studenti” soprattutto nel caso dei “ragazzi che fino a quel momento non erano stati in grado di manifestare le proprie attitudini e che magari erano anche quelli che andavano meno bene a scuola”. Infine, alla realizzazione del prototipo è poi seguita la progettazione vera e propria che, in alcuni casi, ha evidenziato i limiti del progetto e ha quindi aperto la strada alla rimodulazione dell’intervento. 

Tutto questo, secondo la professoressa Tritto, evidenzia come le tecnologie “non sono un fine ma sono uno strumento per portare avanti una didattica innovativa, coinvolgente e mirata al conseguimento delle soft skill”.

Professoressa Tritto – I learning scenarios applicati ai PCTO

Cosa è successo al Marco Polo nella fase della DAD?

Come in molti altri contesti, l’avvio della DAD durante la prima fase della pandemia è stata un’esperienza complessa sia per gli insegnanti sia per i docenti. In questa fase, l’animatore digitale, cioè quel docente che, secondo quanto previsto dal Piano Nazionale Scuola Digitale del 2015, insieme al Dirigente Scolastico e al Direttore Amministrativo ha il compito di coordinare la diffusione dell’innovazione digitale all’interno della scuola, ha giocato un ruolo di primo piano supportando i docenti nell’utilizzo delle applicazioni necessarie a realizzare la didattica da remoto. 

Come raccontato dalla professoressa Di Napoli, docente di italiano, trattandosi di un istituto in cui le lezioni sono spesso realizzate attraverso lavori di gruppo e rimodulando l’aula, “l’avvio della DAD è stato traumatico” ma fin da subito sono state cercate delle soluzioni grazie appunto al supporto dell’animatrice digitale del Marco Polo, la prof. Sabrina Lucarelli. Considerando che i ragazzi riportavano tante problematiche relative ad esempio all’insonnia, la professoressa Di Napoli ha realizzato ad esempio un’attività di scrittura condivisa

Si partiva da un testo-oggetto stimolo per far esprimere le emozioni, oppure si davano ai ragazzi delle domande generative che permettessero loro di esprimere il proprio punto di vista.  “Concretamente partivamo dalla lettura di testi in cui ricorrevano figure retoriche e facevamo esperienze di scrittura condivisa. Alla fine gli studenti hanno fatto un opuscolo e la poesia è servita per esprimere emozioni”. Il tutto è stato realizzato sfruttando le tecnologie e tenendo conto dei bisogni contingenti dei ragazzi, infatti, continua la professoressa: “alla fine dell’anno, usando classroom, i ragazzi mettevano i loro componimenti poetici sulla base del loro personale approccio e della loro conoscenza delle figure retoriche. In una sezione hanno espresso proprio la tematica dell’insonnia e la scrittura è servita per superare un periodo difficile

 

Nome Liceo Linguistico e Istituto Tecnico Economico Statale “Marco Polo”
Comune Bari (BA)
Numero studenti 1.390
Numero classi 60
Numero insegnanti 161
Ruolo in Avanguardie Educative Scuola fondatrice, capofila e polo
Idee di Avanguardie Educative adottate Compattazione dell’orario scolastico
Peer to peer (apprendimento Autonomo)
Dentro/fuori la scuola
Service learning
Flipped classroom
MLTV
Didattica per scenari
Debate

 

Ma l’esperienza della DAD è stata anche profondamente differente se si tiene conto delle diverse fasi in cui è stata attuata. In particolare, secondo Giada Corsini, che come Margherita frequenta il quarto anno, una distinzione deve essere fatta fra la prima fase della DAD, ovvero il periodo compreso fra marzo e giugno 2020, e la seconda fase quando quasi l’intero anno scolastico (2020/2021) è stato realizzato da remoto. 

Nel primo periodo della DAD nessuno aveva effettivamente compreso la situazione “erano gli ultimi mesi quindi (…) utilizzare quei dispositivi che avevamo già trattato in classe in presenza ci permetteva di concludere l’anno in maniera un po’ più semplice” spiega Giada. La seconda fase è invece stata completamente diversa perché l’uso dei dispositivi e delle applicazioni era chiaramente una necessità e, per quanto al Marco Polo gli studenti fossero già abituati a utilizzare le nuove tecnologie, questa condizione ha costretto a fare un ulteriore passo avanti. “E’ stato un modo per scoprire come noi possiamo affacciarsi a questo tipo di emergenze”. 

Giada Corsini – La DAD un’occasione per fare un ulteriore salto?

La pandemia come acceleratore della digitalizzazione 

La pandemia, similmente ai casi di Ancona e Busto Arsizio che vi abbiamo raccontato in precedenza, ha quindi impresso uno sprint alla digitalizzazione anche al Marco Polo dove, come detto, le nuove tecnologie erano già ampiamente utilizzate. Come racconta la professoressa Lucarelli, docente e animatrice digitale della scuola: “la DAD ha imposto la tecnologia a tutti: prima queste sperimentazioni erano portate avanti solo da chi aveva voglia di cimentarsi. Dopo il primo lockdown c’è stato molto impegno da parte dei docenti per capire come funzionasse. Tutti sono stati spinti a imparare e questa esperienza in generale ha instaurato curiosità nei docenti”. La DAD ha quindi avuto un lascito positivo dal momento che i docenti “sono ora liberi di scegliere” perché più competenti rispetto all’utilizzo delle tecnologie

Un dato di cui si sono accorti anche gli studenti. Come raccontato da Roberta Romano, compagna di Margherita e Giada, dopo l’esperienza della DADanche i professori hanno scoperto questo nuovo mondo e adesso sono molto più digitalizzati” e, più spesso rispetto al passato, propongono approfondimenti e lavori di gruppo che utilizzano le nuove tecnologie. 

Roberta Romano – Il digitale dopo la DAD

 

Ma la scoperta delle nuove opportunità legate al digitale riguarda anche gli stessi studenti. Giada ci ha raccontato che prima della DAD si facevano delle ore di laboratorio in cui si realizzavano degli approfondimenti che affiancavano alla lezione tradizionale il ricorso alle nuove tecnologie. In quella fase tuttavia c’era poca consapevolezza: “io non ne sapevo molto di mezzi digitali, preferivo scrivere su un foglio perchè non mi rendevo conto del loro potenziale”.  

Al Marco Polo, dopo la DAD le tecnologie sono state ampiamente utilizzate anche in presenza. Come raccontato dal professor Andrea Romanazzi: “abbiamo realizzato un tg su youtube e un sito in francese la cui contenutistica è tutta fatta dai ragazzi. Con un collega che insegna inglese abbiamo fatto un gioco da tavolo digitale e lo abbiamo utilizzato per fare didattica”. Tutto questo porta in primo piano la necessità di cambiare il paradigma didattico. Secondo Romanazzi l’insegnamento a scuola va ripensato in termini di blended learning, mescolando didattica frontale e mezzi tecnologici che possono garantire modalità diverse di apprendimento”. 

Ora, quanto vissuto e sperimentato nel contesto della DAD, anche grazie al fatto che il Marco Polo è uno degli istituti fondatori del Movimento Avanguardie Educative, deve diventare il punto di inizio di una riflessione sull’uso della tecnologia. In proposito, secondo la professoressa Di Napoli una riflessione deve essere fatta sulle modalità attraverso cui i giovani apprendono: “le conoscenze passano dalla naturale tendenza dei ragazzi a rielaborare, ad esempio attraverso immagini o video. È allora necessaria una riflessione sul tipo di intelligenza che hanno i ragazzi, che è sicuramente diversa dalla nostra e serve una scuola che vada oltre la divisione umanesimo e scienze”. In sostanza, l’ambiente digitale in cui i ragazzi sono quotidianamente immersi impone una riflessione sulle loro modalità di apprendimento e costringe i docenti ad andare oltre gli schemi di didattica trasmissiva

La contaminazione delle conoscenze fra docenti e studenti

La digitalizzazione della didattica, accelerata dall’esperienza della DAD, è stata anche un’occasione di contaminazione delle conoscenze di docenti e studenti. Come raccontato dalla studentessa Giada, spesso i docenti hanno migliorato le proprie competenze rispetto alle tecnologie grazie allo stimolo ricevuto dai ragazzi: “abbiamo scoperto che in alcuni casi i docenti non sapevano utilizzare applicazioni che noi conoscevamo; ma soprattutto abbiamo scoperto in loro un’area di curiosità che non immaginavamo potessero avere”.

In linea con quanto raccontato da Giada, la professoressa Tritto guardando a quanto vissuto negli ultimi due anni ha sottolineato che “c’è stato un bel rapporto con gli studenti, che sono diventati nostri insegnanti”. Ma forse, come sottolineato da Romanazzi, questa contaminazione non si lega alla specifica esperienza della DAD quanto piuttosto al cambio di paradigma nella relazione docente-studente. L’idea tradizionale è infatti che il docente deve trasmettere verticalmente il proprio sapere al discente, ma se consideriamo l’ampio accesso alle informazioni che tutti possono avere grazie a internet è chiaro che il paradigma cambia: “il docente deve allora trasformarsi in tutor, in facilitatore, in animatore della didattica”. 

Prof. Romanazzi – Il docente come facilitatore 

 

In sostanza, in un mondo digitale in cui l’accesso alle informazioni è alla portata di tutti, l’apprendimento può essere ripensato come lavoro comune al quale gli studenti partecipano attivamente supportati dagli insegnanti. 

Digitalizzazione, rendimenti scolastici e inclusione sociale 

Ma come influisce la digitalizzazione sul rendimento dei ragazzi e sull’inclusione sociale? I docenti del Marco Polo sono convinti che gli effetti siano sostanzialmente positivi. In termini generali, secondo il prof. Romanazzi: “il digitale è uno strumento di inclusione sociale, didattica ed emozionale incredibile, anche perché è il linguaggio che usano i ragazzi”. 

Un impatto positivo emerge rispetto alla motivazione e, di conseguenza, ai rendimenti. Ad esempio, con riferimento alla didattica per scenari, la professoressa Tritto ci ha spiegato che “gli studenti hanno partecipato con grande interesse, in più molti di loro hanno capito cosa sapevano fare bene e hanno visto nella scuola il luogo in cui le loro attitudini erano apprezzate”. Questo ha avuto un impatto positivo anche sui loro rendimenti: “in una classe con un rendimento molto scarso, a fine scrutinio dopo un anno di lavoro gli studenti hanno ottenuto ottimi risultati agli esami di Stato”. 

Allo stesso modo, la sperimentazione fatta con i PCTO è stata particolarmente utile nel caso degli studenti con rendimenti più bassi: “questo lavoro ci ha consentito di individuare competenze specifiche degli studenti, soprattutto nel caso di quelli che andavano meno bene a scuola” sottolinea la docente. Una didattica innovativa sembra allora in grado di individuare e valorizzare le specifiche abilità e inclinazioni dei ragazzi e questo, unitamente al clima collaborativo promosso da tale tipo di didattica, contribuisce a migliorare i rendimenti dei ragazzi. 

Sulla stessa linea si colloca l’esperienza dalla docente di sostegno Francesca Marziani, che ha organizzato un’attività didattica basata sulla simulazione di agenzia turistica. Tale attività ha raccolto grande interesse da parte degli studenti. I ragazzi, racconta la professoressa, hanno lavorato come fossero una vera e propria impresa: “c’erano i responsabili, i coordinatori di area e gli specialisti” e “(…) anche coloro che normalmente partecipavano meno alle lezioni tradizionali in quest’attività hanno partecipato” attivamente. Il lavoro realizzato è poi confluito in un volume con un QR code che permette di visionare gli itinerari e dispone di link e video per visite virtuali delle aree protette della Puglia. Peraltro, nell’ambito di questa attività, “gli alunni con difficoltà sono stati inseriti opportunamente per poter lavorare più facilmente in gruppo, con ruoli più idonei o gruppi più piccoli”.

Anche la studentessa Margherita ha sottolineato il nesso fra gli approfondimenti realizzati attraverso la didattica digitale e i rendimenti: “grazie a questi approfondimenti ci sono stati miglioramenti dei voti. In molti casi infatti, attraverso questi strumenti, noi studenti riusciamo a capire e ad approfondire meglio quello che studiamo”. 

Quale lezione dall’esperienza del Marco Polo? 

Al Marco Polo l’esperienza della DAD è stata l’occasione per fare un ulteriore passo avanti nella digitalizzazione della didattica e per rafforzare le competenze di studenti e docenti rispetto all’uso delle nuove tecnologie. 

Tutto questo si è verificato non solo perché la scuola, essendo fondatrice di Avanguardie Educative, investe ormai da tempo nella digitalizzazione e l’uso delle tecnologie era ampiamente diffuso già prima della pandemia ma anche perché le sperimentazioni realizzate in questi anni hanno mostrato come l’innovazione della didattica attraverso il digitale abbia un impatto positivo sul coinvolgimento dei ragazzi e, di conseguenza, sull’inclusione sociale e sui rendimenti scolastici. 

La didattica digitale, come dimostrano le tante esperienza raccontate dai diretti interessati, è  ormai considerata con entusiasmo da docenti e studenti. Tra le tante testimonianze emerse una, in particolare, merita di essere raccontata. Al termine della nostra intervista abbiamo chiesto a Margherita cosa si aspetta dal suo ultimo anno di scuola e dagli esami di maturità che l’attendono la prossima estate. Ci risponde così: “un anno innovativo.  Alla fine noi dovremo portare una tesina, mi aspetto che non sia quella classica dove presentiamo e colleghiamo le varie materie. Mi aspetto che sia qualcosa che interessi, qualcosa di innovativo che i professori non si aspettano, perché siamo una generazione che può farlo”. 

Al Marco Polo, insomma, gli ingredienti per andare #OltrelaDAD ci sono già tutti.


#OltreLaDad
È la serie di Secondo Welfare che, partendo dai dati e dalle voci dei protagonisti della scuola, vuole capire quale sarà il futuro della didattica digitale oltre l’emergenza pandemica. Scopri la serie.